Professori e WeSchool. Storie d’Italia al fronte dell’Istruzione, ai tempi del Coronavirus – parte 1

Famiglia Stanford, con Leland Stanford Jr. morto di tifo in Italia a 15 anni

Quando ero studente a Stanford, andavo spesso a vedere la statua qua sopra. In poche e semplici parole Leland Stanford Jr. tiene in mano quella che è sia una guida che un monito alle generazioni future: “Dedicato alla Scienza e al bene dell’Umanità“. In tempi duri come questi, reclusi dal Coronavirus, è stato per me bello vedere come questo messaggio risuoni ancora profondo tra molte persone. Ci tengo perciò a raccontare storie di persone al fronte dell’Istruzione.

Non mi stancherò mai di ripeterlo. Ho avuto un’ottima istruzione alle scuole superiori, di gran lunga migliore della stra-grande maggioranza delle High School americane. E per giunta gratuita: dettaglio non irrilevante per un ragazzo che come me era nato in una famiglia di normali dipendenti pubblici, e nipote di un minatore.
Anche per ripagare avanti questo debito di riconoscenza, da 12 anni indìco un premio ai migliori studenti abruzzesi di scuola superiore in matematica.

Mi sono diplomato nel 1998 al Liceo Scientifico Albert Einstein di Teramo (con il Piano Nazionale Informatica). Seguo a distanza con affetto le sorti del mio ex Liceo, e in questi giorni mi sono chiesto come stesse affrontando la crisi. Tra l’altro, mi è rinato il desiderio di ri-studiare in profondità il calcolo differenziale, la cui importanza si fa ben sentire per la modellazione matematica dell’epidemia.

Ho ricontattato la mia ex Professoressa di Matematica, Rosanna Tupitti, che ancora insegna al mio vecchio Liceo. Con l’approvazione della presidenza del Liceo Albert Einstein di Teramo (che ringrazio), ho potuto riseguire – dopo 22 anni – una lezione di Matematica, dalla stessa Professoressa, ma questa volta con strumenti del 2020.
Lezione di trigonometria per la quarta, e non di calcolo differenziale per la quinta, ma è stata un’esperienza indescrivibile lo stesso.

Alla fine della lezione, le ho fatto queste domande.

Intervista alla Prof. Rosanna Tupitti

Come è stato affrontare la situazione, e passare a nuovi strumenti digitali?

Non è stato semplice, ma neanche traumatico. Faccio parte di un gruppo WhatsApp di docenti del Centro Italia (“Eccellenze al Centro”) attraverso il quale ci scambiamo esperienze e suggerimenti. Prima del coronavirus era per le olimpiadi e gare di matematica; ora ci si adopera per rendere questo periodo difficile un’occasione di miglioramento. C’è molta collaborazione tra noi docenti. 

Si usavano strumenti di insegnamento digitale prima del coronavirus?

Devo essere sincera. Io adoravo il progetto PPS Minerva. Una piattaforma di didattica a distanza, promossa dal Ministero dell’Istruzione, creata dal Politecnico di Torino e Università di Torino, e destinata proprio alle scuole superiori per matematica e materie scientifiche.

Vidi il PPS Minerva per la prima volta nel 2012. La piattaforma offriva la possibilità di creare corsi online per ciascuna classe: in questo ambiente il docente poteva gestire lezioni, scambiare materiale, assegnare compiti online anche con autocorrezione, inserire fogli di lavoro direttamente utilizzando Maple (un potente software di grafica e calcolo scientifico). FANTASTICO! All’epoca un centinaio di scuole italiane iniziarono una formazione specifica sia sull’uso della piattaforma che sull’uso di Maple nella didattica: capofila del progetto era l’Istituto Tecnico Carlo Anti di Villafranca di Verona (una eccellenza in Italia). Centinaia di istituzioni scolastiche in Italia stanno portando avanti questo progetto: sono certa che la didattica in queste scuole non abbia avuto alcun problema, e che anzi sia migliorata.

Quando la scuola è stata chiusa, cosa è successo?

La mia scuola è stata tempestiva. La presidenza ci ha suggerito di provare varie piattaforme nell’interim, e dare suggerimenti. Io ho cominciato a usare WeSchool, ma poi ho cambiato perché alla fine la scuola ha scelto Google Suite.

Parlerò di WeSchool nel prossimo articolo (grazie a Marco De Rossi per l’intervista). Per adesso, in che modo Google Suite ha aiutato?

Innanzitutto, è stato facile per la scuola creare in meno di una settimana indirizzi email per gli del tipo “@liceo.edu.it” (via Gmail) per gli studenti, e introdurre poi Google Suite. 

Questo mi ha aiutato un po’ rispetto a WeSchool, dato che mi sono trovata gruppi di classi già impostate. Con WeSchool, avrei invece dovuto crearli io, e magari entrare in situazioni delicate come ricorrere a inviti a email personali degli studenti. 

Per il resto, Google Suite ha molte più opzioni rispetto a WeSchool: ovvio, visto che fanno leva su prodotti pre-esistenti di Google. Detto questo però, molte funzionalità a me personalmente non servono. Per esempio, Google Suite ha una lavagna virtuale chiamata Jamboard, che WeSchool non ha. Molti prof la usano, io no: preferisco il mio Microsoft OneNote in condivisione. Per questo dico che, se comparati, Google Suite e WeSchool danno essenzialmente gli stessi risultati.

E, sinceramente, mi sarebbe piaciuto usare WeSchool, un prodotto italiano, anche per dare un esempio ai miei studenti: “vedete, se studiate potete arrivare a costruire strumenti come WeSchool“.

A proposito di studenti, come si stanno comportando?

Posso parlare solo della mia esperienza. I miei ragazzi sono fantastici. Come hai potuto vedere nella lezione in cui sei stato, tutti e 23 erano online: puntuali, e nessun assente.

Una cosa che poi riconosco è che prendono la cosa seriamente: nessuno è in pigiama o assonnato. Addirittura alcuni, che non hanno webcam al computer, mettono lo smartphone e si ingegnano per partecipare. Sono davvero orgogliosa.

Detto questo, da altri prof sento che la mia situazione forse è idilliaca, dato che raccontano di altre situazioni. Ma voglio sperare invece la mia sia la normalità.

Per i compiti o verifiche, come si fa?

I prof possono mandare lavori da fare a casa, e i ragazzi possono scannerizzarli o fare foto con lo smartphone in modo che io li corregga. Su questo Google Classroom e WeSchool sono uguali. Anche se, in quanto a matematica, avere anche Maple sarebbe stato perfetto.

Per le verifiche poi, io mi affido all’ Honor Code (così come mi hai fatto vedere si comportano le università americane). Non chiedo di accendere telecamera: non voglio fare la poliziotta. Questa è una grande occasione per instillare senso di responsabilità ai ragazzi: questo è il fine ultimo della scuola, e li aiuta a capire che se studiano, è per il loro futuro. Certo, c’è sempre una sparuta minoranza che pensa a copiare e trovare scorciatoie nel breve: ma la stragrande maggioranza invece ha adesso capito bene come trovare motivazioni in se stessi, e crescere come persone tramite l’istruzione. I ragazzi sono maturati. Incredibile ci volesse il Coronavirus per arrivare a questo.

Come è la situazione per gli altri professori? 

La scuola è formalmente chiusa: quindi in teoria potrebbero anche non fare lezione. È stato bello vedere come, non solo tra gli studenti, ma anche tra i professori sia stato ben recepito l’invito della presidenza al buon cuore e alla buona volontà. Da quanto so, la grande maggioranza di professori tiene lezione. Ovviamente per alcuni è più facile, per altri meno, ma le lezioni vanno avanti.

In quanto a orari, il calendario si è dimezzato. Sia perché non è salutare tenere ragazzi per 5 ore davanti uno schermo, sia perché alcuni condividono il computer a casa e ne hanno bisogno. C’è allo stesso tempo maggior studio a casa.

I ragazzi hanno problemi tecnici nel connettersi?

Ti dirò. I miei studenti a Teramo non hanno avuto veri problemi: solo piccoli disguidi. Da altri prof sento invece che, in una città più grande della nostra come Pescara, molti ragazzi non sono riusciti a collegarsi. Vallo a capire.

Didattica capovolta. Viene usata?

Non ancora. Mi piacerebbe provarla meglio, anche perché questa è un’occasione per sperimentare soluzioni didattiche da 2020, e non da 1800 (a cui siamo purtroppo anche un po’ vincolati). Sarebbe bello avere qualche linea guida dalla scuola o dal Ministero dell’Istruzione.

Quando il coronavirus finirà, si tornerà ai vecchi tempi, o il digitale ne sarà parte?

Io me lo auguro, ma probabilmente andrò in pensione e non riuscirò a vederlo. Il Coronavirus ha fatto vedere i limiti della scuola di oggi. Ma ha fatto anche vedere come superarli.

Nuovi Eroi

Ringrazio la Professoressa Rosanna Tupitti per la lezione e la chiacchierata a cuore aperto. Un piccolo eterno ritorno Nietzscheano, e una grande emozione per me dopo 22 anni.

Nel mio prossimo articolo, parlerò di WeSchool e di quello che è un moderno Eroe italiano: Marco De Rossi.

P.S.

Nota per il Ministero dell’Istruzione: il progetto PPS Minerva sembra molto interessante, e probabilmente andrebbe promosso meglio tra le scuole (anche perché è proprio del Ministero dell’Istruzione). Né questo, né WeSchool sono elencati nel sito del Ministero dell’Istruzione per la didattica a distanza. Un consiglio personale: i prodotti di colossi stranieri non sono necessariamente sempre i migliori. Specialmente poi se abbiamo strumenti validi già in casa.

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