Professori e WeSchool. Storie d’Italia al fronte dell’Istruzione, ai tempi del Coronavirus – parte 2
(seguito dell’articolo: Professori e WeSchool. Storie d’Italia al fronte dell’Istruzione, ai tempi del Coronavirus – parte 1)
Costruire. È un qualcosa di raro in Italia in ambito informatico. Prendete il vostro smartphone e ditemi: quante app usate che sono fatte in Italia? Sul vostro portatile, quanti servizi online usate che sono fatti in Italia? A me ne vengono davvero pochi in mente. Al che mi chiedo: “L’Italia sa ancora esprimere eccellenze moderne? Specialmente poi per il bene comune?”. È per questo che mi piace parlare di Marco De Rossi.
Marco è un ragazzo come tanti in Italia. Lavora sodo a testa bassa, focalizza energie per migliorare il Paese, e non urla. Non sbraita sui social. Un po’ per indole; un po’ perché questa è la modestia dei Forti. La modestia di chi costruisce seriamente per l’Italia, e che per questo ha poco tempo da dedicare alla propria immagine, e non ha interesse ad apparire sui social.
Negli anni Marco ha creato prima OilProject e poi WeSchool: strumenti che si stanno rivelando preziosissimi per la didattica e l’apprendimento dei giovani studenti italiani in tempo di Coronavirus. Ci tengo a portare l’attenzione che Marco, con la sua squadra a WeSchool, sta creando. È la materia di cui sono fatti gli Eroi moderni.
Intervista a Marco De Rossi
Marco, quanti anni hai e di dove sei?
29 anni. Sono nato, vissuto e cresciuto a Milano.
In che anno è iniziata WeSchool?
È una storia lunga. WeSchool ufficialmente nasce a fine 2016, ma affonda le radici in OilProject. Questo era un progetto che partì in modo embrionale nel 2004, quando avevo 14 anni e, nell’estate della terza media, mi resi conto di come fosse utile creare contenuti per studenti, fatti da altri studenti. Figurati che era nato come canale IRC, e col tempo è confluito in WeSchool, diventando la sua sezione “Library“: nel suo genere, una Khan Academy italiana. (nota mia: Khan Academy è il principale portale di istruzione online al mondo)
Dove e come siete partiti?
Siamo partiti a Milano, dove abbiamo la sede. Nel 2016 abbiamo ricevuto un seed di investimento di 500.000 euro da TIM e Club Italia Investimenti. A questo vanno aggiunti 700.000 euro di risorse varie nostre che abbiamo messo in WeSchool.
Cosa fa WeSchool?
WeSchool fornisce strumenti agli insegnanti per migliorare la didattica, e coinvolgere al meglio gli studenti. Vedi, si parla molto oggi di e-learning, ma spesso si confondono i mezzi con i risultati che si vogliono conseguire. Mettere semplicemente un professore di fronte a uno schermo di un computer e fare lezione a distanza, replicando l’esperienza di una classica lezione di persona: non è certo quello a cui miro. Non dà nuovi stimoli né a professori né agli studenti.
Quelli digitali sono strumenti nuovi, poderosi, e vanno usati secondo canoni diversi a quelli a cui siamo soliti: permettono maggior interazione tra i ragazzi, consentono l’introduzione di nuovi approcci all’insegnamento come la didattica capovolta. E possono essere divertenti. Questo è lo spirito con cui vanno presi e migliorare l’apprendimento degli studenti. Solo così possiamo evolvere, ed uscire dagli schemi mentali della didattica dei tempi di Gentile.
Quante persone lavorano a WeSchool?
10. Adesso con l’emergenza Coronavirus abbiamo altre 20 persone che ci stanno aiutando, quindi in questo istante siamo in 30.
Tieni presente che abbiamo 1 Milione di utenti attivi al giorno, gestiti da sole 10 persone (più adesso i 20 che ci supportano sull’helpdesk). Siamo sopraffatti, sia dalla gestione tecnica che amministrativa.
Ripeti un attimo. UN MILIONE di persone vi usa ogni giorno, con un nucleo di solo 10 persone a gestire tutto?
Si: facciamo fatica a dormire. Ma la fatica (immane) è ricompensata dalla soddisfazione di supportare l’Istruzione in Italia in questo momento di emergenza e dai ringraziamenti che stiamo ricevendo da studenti e professori: più di un quarto delle scuole italiane è tenuta aperta anche grazie a WeSchool.
La cosa ti fa più che onore. Immagino allo stesso tempo che, come affari, i ricavi da WeSchool siano saliti molto
Non esattamente. WeSchool è un servizio gratuito: non prendiamo soldi né da scuole, né dagli studenti. Né riceviamo alcun contributo dal Ministero per il servizio pubblico che eroghiamo. Insomma, vendiamo corsi a scuole ed aziende, ma il servizio per cui siamo molto popolari oggi tra studenti e professori è gratis.
Quindi non avete sovvenzioni dal Governo. Mi parlavi di 20 persone che vi stanno aiutando adesso: chi sono?
Ci tengo a ringraziare Marco Bellezza, a capo di Infratel, che ci ha dato alcune persone del suo team a supporto. Così come TIM e Cisco. Grazie per non averci lasciati soli! ?
Lo Stato dovrebbe offrire questo servizio, che ne pensi?
Vero. Purché non lo diano da gestire al team informatico dell’INPS! Non so se ne uscirebbe bene… (nota mia: ne ho parlato qualche giorno fa in questo articolo). Hai idea del volume di richieste che gestisce WeSchool?
Dimmi
Guarda qua. Questo è il nostro traffico. Abbiamo punte di 40 milioni di richieste ai server all’ora, ossia oltre 11 mila al secondo. Altro che indennità INPS!
Una delle cose di cui sono contento è che stiamo dimostrando che anche noi italiani, nel nostro piccolo, sappiamo fare software e che non dobbiamo sempre e per forza usare software americani.
Ti dico una cosa. Nonostante la mole di traffico, siamo caduti solo una volta, a inizio Marzo, per solo 1 ora e mezzo. Non è stata certamente un’esperienza piacevole né per noi né per i nostri utenti. Ma, rimanendo in tema di istruzione, abbiamo appreso anche noi qualcosa da questo problema, e ci è servito per migliorarci ulteriormente. (nota mia: mentre Marco mi raccontava questo, mi tornava in mente la reazione – meno coraggiosa – che ebbe Larry Page agli inizi di Google, la prima volta che il sito di Google crollò)
A parte la piattaforma, aggiungici il numero di PEC che arrivano ogni ora da Dirigenti scolastici, Polizia di Stato che indaga sugli scherzi degli studenti, domande dei Data Protection Officer per questioni relative al GDPR, partnership, rapporti con aziende, giornalisti… L’impressione è di giocare a fare Neo di Matrix, schivando questioni da gestire ogni minuto. Arrivare tutti intatti a fine giornata è sempre una grande sorpresa!
Quante scuole in Italia usano WeSchool? Su un totale di quante?
In Italia ci sono 10.000 scuole secondarie (e 40.000 plessi). Di queste 10.000 scuole, in 5.500 c’è almeno un prof registrato a WeSchool. In quanto a utenti totali, quasi un terzo di professori e studenti italiani usa WeSchool.
Nell’intervista precedente, ho scritto che la mia ex prof di matematica è passata da WeSchool a Google Suite, per via della decisione della sua scuola. Che ne pensi?
Spesso mettono in competizione WeSchool con Google Suite. È vero che ci sono aree in cui offriamo servizi simili; ma è anche vero che ci sono molti servizi in cui siamo invece complementari.
Il mio suggerimento è di usare sia WeSchool che Google Suite. Si possono e si devono usare entrambi per rendere più efficiente la didattica.
Spiegati meglio. In cosa siete diversi da Google Suite?
Prima di tutto, la vera sfida non è su quale strumento usare, ma sul rendere più moderna la scuola. La lezione in diretta online, quella per cui il digitale è noto ai più, è solo una piccola parte di quello che serve. Google fornisce questo servizio tramite Meet, lo estende con Classroom (un gruppo alla Facebook per socialità e collaborazione) e ovviamente a i Docs che tutti noi conosciamo. WeSchool ha in parte questi strumenti, ma ha anche strumenti di condivisione, collaborazione e Test. E WeSchool può aggregare tante piattaforme eterogenee, amplificandone quindi l’efficacia.
Cioè?
Quando siamo partiti, nel 2016/17, i risultati sono stati deludenti. Avevamo sbagliato completamente approccio. Nel descrivere il valore aggiunto fornito da WeSchool, parlavamo delle funzionalità tecniche che fornivamo e dove eravamo magari più avanzati rispetto ad altri. Grande sbaglio.
Nel parlare con i professori (i nostri principali interlocutori) andava invece spiegato il perché dell’importanza educativa che questi nuovi strumenti digitali possono portare: non pensare che insegnare voglia dire parlare e basta (la classica didattica frontale), bensì una didattica collaborativa. Classi capovolte, dove gli studenti studiano prima la lezione sui video proposti dall’insegnante, e poi se ne discute in classe. E anche far sì che gli studenti migliori insegnino agli altri che sono po’ più in ritardo. Sono queste le nuove metodologie didattiche di cui la scuola ha bisogno oggi! E WeSchool, come altri, aiuta a rendere questo più semplice da raggiungere.
(nota mia: sulle parole di Marco, vi consiglio questo video di Salman Khan, un pioniere dell’istruzione moderna, creatore della Khan Academy che ho menzionato prima. Guardatelo: sono 20 minuti del vostro tempo investiti proficuamente) https://www.ted.com/talks/sal_khan_let_s_use_video_to_reinvent_education/discussion?language=it
Tu aiuti a imparare. Ma, in questi anni, cos’è che hai imparato tu?
Non è facile dirlo. Si parla spesso di “innovazione” quasi come un deus ex machina che risolve ogni problema. È una visione assai miope. Se un professore, nonostante tutti gli sforzi e i suoi impegni, prende sempre e comunque 1.500 euro al mese, mi spieghi come puoi pensare di cambiare? L’unica alternativa è far sì che i docenti capiscano e tocchino con mano come i nuovi strumenti educativi abbiano un vero cambiamento sull’apprendimento degli studenti, in attesa che arrivino anche gli incentivi economici.
Cosa è cambiato col Coronavirus nella scuola?
Prima del Coronavirus, posso dirti che questa era percezione dei professori nei confronti della didattica digitale:
- 40%: ostile. Lunga vita alla scuola di Gentile! Ma più che per convinzione filosofica, molte volte un pretesto per evitare di aggiornarsi
- 40%: nessuna opinione
- 20%: è assolutamente da fare!
Dopo il Coronavirus, il 40% di avversi ha avuto pressione e persuasione sociale ad aggiornarsi. Alcuni di questi aveva anche difficoltà ad usare l’email: WeSchool li sta aiutando a non rimanere indietro e abbattere i pregiudizi che molti avevano. Per noi poi digitale e fisico vanno usati insieme, e i professori cominciano ad apprezzare bene le potenzialità che entrambi i modi di insegnamento, combinati opportunamente, danno agli studenti. Alla fine, il Coronavirus si sta rivelando una grande occasione per la scuola italiana, una grande scossa. In 3 settimane si è fatto quello che magari avrebbe richiesto 5 o 10 anni di tempo.
Cosa pensi succederà alla scuola nel post-Coronavirus?
Il digitale è come la bici: non lo puoi disimparare. Non si tornerà indietro. L’insegnamento tradizionale evolverà facendo leva sui nuovi strumenti e gli approcci didattici che tutti hanno avuto modo di scoprire in questi giorni. Ho assai fiducia nel futuro della scuola italiana.
Conclusioni
Grazie Marco per l’intervista. E grazie anche al Ministero dell’Istruzione: rispetto a come concludevo l’articolo precedente, WeSchool compare ora tra le piattaforme di didattica a distanza consigliate dal Ministero (unica italiana!).
Marco ha fiducia sul futuro della scuola italiana. Anche a me, vedere un Ministero dell’Istruzione così attivo e recettivo come in questo caso, aiuta a far crescere la mia speranza. Grazie.
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