Questo articolo è stato pubblicato sullo speciale di Repubblica sull’Intelligenza Artificiale, versione cartacea, il 23 Marzo 2023.
Immagine generata con Midjourney 4.

Era stata una notte agitata quella di Antonio. Poche ore prima il suo capo, titolare di una piccola agenzia immobiliare, lo aveva chiamato per comunicargli che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro lì. 

Antonio un po’ se lo aspettava. La sua professionalità non era mai stata messa in dubbio, ma il mercato era in crisi da tempo e l’agenzia faceva ormai fatica a pagare i dipendenti.

Quello che Antonio non si aspettava era quella strana notifica sullo smartphone la mattina seguente. Era una startup fintech che lo invitava a un colloquio per una posizione nel reparto vendite.

Poche settimane prima il Governo italiano aveva lanciato il progetto “Vulcanus“. Un nome scelto in onore del dio del fuoco e del lavoro, già iconico nelle vecchie 50 lire, e che riecheggiava la serie Star Trek.

Vulcanus non era però fantascienza, ma una realtà concreta come aveva appena toccato con mano Antonio. Era la massima espressione dell’impegno del Governo nelle politiche attive nel lavoro. Una piattaforma di frontiera che metteva in comunicazione cittadini con datori di lavoro, al fine di massimizzare opportunità e facilitare l’occupabilità. 

Un prodigio di tecnologia al servizio del pubblico benessere. Ma anche una Lamborghini non va da nessuna parte senza benzina. E nel caso di Vulcanus erano i dati il suo propellente: dati di Pubbliche Amministrazioni centrali, dati di enti locali, dati di compagnie private. Il tutto sotto esplicito consenso dell’interessato. E la mente di questa piattaforma era un sistema avanzato di Intelligenza Artificiale: nel caso di Antonio, Vulcanus aveva intercettato l’informazione relativa al suo nuovo stato di disoccupazione, aveva analizzato il suo curriculum e lo aveva messo proattivamente in contatto con una compagnia alla ricerca di lavoratori e per la quale Vulcanus riteneva che il profilo di Antonio fosse interessante.

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Ho voluto portare questa piccola storia come esempio concreto di un futuro prossimo, in cui l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più centrale e potenzierà le nostre vite. Molto prima di quanto possiamo immaginare.

All’ Italian Tech Week del Settembre 2021 annunciai come l’INPS stesse iniziando a migliorare i servizi ai cittadini facendo leva sui recenti balzi nel Deep Learning, impiegando tecnologie come GPT alla base di OpenAI, una startup al tempo sconosciuta ai più.

È passato un anno e mezzo da allora, e l’Intelligenza Artificiale è già applicata con successo in INPS nell’automazione di processi prima manuali.

Un esempio concreto? Quello dello smistamento automatico di milioni di PEC che i cittadini mandano ogni anno all’INPS. L’Intelligenza Artificiale capisce automaticamente l’argomento della PEC e la inoltra al funzionario specializzato nel tema. Così si riducono i tempi di risposta da parte della Pubblica Amministrazione, e in più il dipendente pubblico si libera da lavori ripetitivi e ha ora tempo da dedicare ad attività a maggior valore verso il cittadino.

Un progetto per cui l’anno scorso il centro di ricerca internazionale per l’Intelligenza Artificiale dell’ UNESCO ha premiato l’INPS tra i migliori 10 al mondo tra quelli che supportano i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

Gli algoritmi di Intelligenza Artificiale generativa porteranno enormi vantaggi anche nella comunicazione. Previo un adeguato addestramento su dati pubblici, chatbot simili al celebre ChatGPT potranno essere integrati nelle pagine di enti della Pubblica Amministrazione: sia per rispondere con sempre maggiore accuratezza alle domande dei cittadini, sia per aiutare i dipendenti stessi all’accedere alla mole di informazioni specifiche dell’ente (“Internal Knowledge Base“).

Proattività, automazione e comunicazione. Sono questi alcuni degli ambiti su cui l’Intelligenza Artificiale dietro le quinte porterà sempre più beneficî al nostro rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Sono però molte le incognite. Molte soluzioni cloud di attori privati, quasi sempre americani se non cinesi, sono tecnologicamente assai valide e ovvie a prima vista da usare. Presentano però un enorme problema: oltre il servizio offerto, come verrà usato il dato del cittadino italiano da queste compagnie oggi e nel futuro? Che tutele abbiamo? Assolutamente nessuna: la risposta definitiva ce l’ha data il Cloud Act americano, con cui il Governo americano ha imposto alle compagnie americane di poter accedere a dati, anche salvati su server fuori dai confini USA, di cittadini stranieri.

L’eccellenza tecnologica nell’Intelligenza Artificiale non può perciò essere prerogativa assoluta di americani o cinesi. E la risposta non può essere quella spesso improduttiva e rassegnata dell’Unione Europea che pensa a regolare e non invece a costruire.

Vanno create competenze: questo può, anzi deve, partire dalla Pubblica Amministrazione. In primis come detto per tutelare i cittadini; poi perché l’introduzione sempre più determinante di algoritmi di Intelligenza Artificiale comporterà un radicale cambio del ciclo di vita del software. La macchina impara in continuazione, i dati che la alimentano mutano nel tempo, le situazioni a contorno cambiano: per questo le applicazioni informatiche dovranno essere monitorate e raffinate in continuazione, e non più essere considerate prodotti fatti e finiti da non toccare più per decenni come ancora molti applicativi anni ’80.

L’Intelligenza Artificiale ha impatti enormi. Tra questi, pone la Pubblica Amministrazione di fronte a una scelta precisa. O essere dominati dall’Intelligenza Artificiale e da attori stranieri. O dominare l’Intelligenza Artificiale, sviluppandola con professionisti interni e potenziando le competenze dei dipendenti.

Nel futuro immaginato all’inizio, quest’ultima è la scelta giusta che porterà poi lavoro ad Antonio: facciamo che diventi realtà.

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